Epatite autoimmune: Sintomi, Diagnosi, Trattamenti
In che cosa consiste l’Epatite autoimmune? La patologia si presenta come una malattia del fegato causata da un difetto del sistema immunitario. Quest’ultimo, a causa dell’anomalia, si dimostra in grado di modificare i propri processi attaccando l’organo del fegato.
L’Epatite autoimmune si presenta come una patologia cronica del fegato sotto una causa specifica ad oggi ancora del tutto sconosciuta. I soggetti colpiti dall’Epatite autoimmune tendono in maggior parte a presentare una patologia simile come diabete di tipo 1, tiroidite di Hashimoto, sindrome di Sjögren, vitiligine.
All’interno di questo nuovo articolo guidato ci occuperemo di approfondire tutte le caratteristiche sintomatiche date dall’Epatite autoimmune, soffermandoci sulle diagnosi specifiche e i possibili trattamenti attuabili.
Epatite autoimmune: tutto quello che occorre sapere
L’Epatite autoimmune è caratterizzata da un’aggressione anomala da parte del sistema immunitario ai danni dell’organo del fegato, sotto forma di una patologia cronica. Ma quali sono i sintomi principali legati alla malattia? Il corredo sintomatico presenta gli stessi disturbi dati da un’epatite cronica, sotto un 30% dei casi asintomatici del disturbo stesso.
Tra i sintomi più frequenti si trovano: febbre, nausea e vomito,epatomegalia, ittero. Senza un’adeguata terapia di sostegno l’Epatite autoimmune può trasformarsi nel corso del tempo in uno stato aggravante di cirrosi, sfociando in un quadro di insufficienza epatica. La diagnosi dovrà essere eseguita dal proprio medico curante basando sull’anamnesi e specifici esami di laboratorio ed esami di imaging quali ecografia, TC e risonanza magnetica.
Le statistiche mediche mostrano inoltre un 30% di soggetti sotto manifestazione dei sintomi legati alla cirrosi al momento della diagnosi dell’Epatite autoimmune. Quali terapie vengono generalmente prescritte dal proprio medico in presenza di un’Epatite autoimmune?
I supporti farmacologici prevedono un’assunzione di corticosteroidi e di immunosoppressori (ortisone e azatioprina) sotto trattamenti fissati nel medio-lungo periodo in grado di protrarsi fino a 2 anni. Circa l’80% dei casi mostra una concreta possibilità di guarigione completa dai sintomi dell’Epatite autoimmune, sotto la necessità di un trapianto di fegato estremamente rara riferita agli ultimi stadi più critici.
L’Epatite autoimmune mostra una prevalenza di incidenza nei soggetti femminili, presentandosi anche in età infantile e nei soggetti oltre i 65 anni, colpendo una persona su mille. A riguardo della patologia i ricercatori hanno scoperto ed evidenziato una predisposizione genetica caratterizzata dall’associazione di HLA-DR3 e HLA-DR4, seppur la componente genetica non risulti la sola causa in grado di scatenare la patologia.
Alcune infezioni precedenti come morbillo, epatite virale, citomegalovirus, Epstein-Barr virus, Farmaci (atorvastatina, minociclina, trazodone), si dimostrano inoltre in grado di accentuare lo sviluppo dell’Epatite autoimmune. Alla base del meccanismo di attacco della patologia si trova il cosiddetto ‘mimetismo molecolare’ suddividendo l’Epatite autoimmune in Epatite autoimmune di tipo I (frequente nel 75% dei casi totali, caratterizzata dalla presenza di anticorpi ANA anti-nucleo e SMA anti-muscolo liscio); Epatite autoimmune di tipo II: ( frequente nel 25% dei casi, con presenza di anticorpi anti-KLM anti-micorosomi epatici e renali e anti-citosol).
Tra i fattori di rischio ricordiamo: tiroidite di Hashimoto, diabete mellito di tipo 1, sindrome di Sjögren,
vitiligine, artrite reumatoide, retto-colite ulcerosa. I sintomi più protratti nel tempo possono sfociare in perdita dell’appetito con dimagramento progressivo, amenorrea nelle donne, altri sintomi tipici di cirrosi conclamata.